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Approfondimenti

Patlabor on Television (ma in DVD)

Correva l’anno 1988 e sul mensile “Shonen Sunday” faceva la comparsa il plotone di polizia robotica più famoso del momento: Mobile Police Patlabor. Non tutti sanno che il progetto era stato concepito molto tempo prima, non come serie di OAV né a fumetti. Per l’esattezza, quasi dieci anni prima durante un’amichevole conversazione tra il disegnatore Masami Yuki (un tizio agli esordi che spediva fumetti parodia al magazine “Out” e faceva da assistente a Kaoru Shintani) e l’animatore e mecha designer Yutaka Izubuchi. Erano gli anni, favolosi, in cui una intera generazione di giovani spettatori, quasi tutti innamorati di Corazzata Spaziale Yamato, sognava di entrare nel mondo del cinema animato dalla porta principale. Le idee erano una più avvincente dell’altra: nostalgiche o ripiegate su quella stessa mitologia “anime” che essi adoravano. Ma c’era pure spazio per l’improvvisazione e la formulazione di idee che avrebbero gettato terreno fertile per numerose serie Tv (vedi alla voce: Macross), anime destinati all’home video (e si pensa a Dallos, di Mamoru Oshii) e così via. Ebbene, la conversazione tra Yuki e Izubuchi svolazza in aria per un po’ ma alla fine atterra e si concretizza nel migliore dei modi possibile.
 
 
Oggi Patlabor infatti è un marchio di fabbrica che consta di un fumetto (firmato proprio da Yuki e in Italia pubblicato da Star Comics), due serie di OAV, tre film, una serie televisiva di 48 episodi, una parodia in super deformed più qualche light novel. Niente in confronto alla saga monstre di Gundam, eppure in qualche misura entrata di diritto nel recinto ipercritico e possessivo degli otaku – i modellini dell’Ingram, il robot guidato dalla protagonista Noa Izumi, saranno come ovvio supporre la ciliegina sulla torta per gli appassionati di collezionismo. Se l’idea di partenza coniugava in senso autoritario le parole “polizia” e “robot”, ci vuole un ingrediente ancora prima che Patlabor possa avere un suo peso specifico sulla scena. Anzi: una serie di ingredienti portati da altri artisti nel frattempo convolati nel gruppo Headgear, in pratica dietro la genesi della serie (anche per ragioni pratiche che cercavano di tenere in disparte Shogakukan, l’editore di Yuki). Tre persone. Lo sceneggiatore Kazunori Ito, coinvolto nel progetto fin da subito visto che la coppia Yuki/Izubuchi gli mandava da leggere le proprie idee. La di lui moglie, Akemi Takada, che i fan di animazione conoscevano bene per Lamù e Creamy. E un regista: Mamoru Oshii, arruolato nella squadra per ultimo giacchè serviva da completamento artistico di rilievo per sottoporre alle major il progetto. Un primo passo viene tentato all’incirca nel 1983, cercando l’approvazione di Sunrise, ma lo studio rifiuta. In seguito Patlabor viene riproposto direttamente come serie di OAV a Bandai che accetta, pensando anche al mercato dei modellini. È sotto il loro patrocinio se la Tokyo del futuro (o meglio, quello che per loro, nel 1988, sarebbe stato il futuro spostando in avanti l’orologio di dieci anni) prende forma senza troppi sensazionalismi tecnologici da sci-fi impegnata; ma con un occhio sempre aperto sulle magagne che, puntualmente, oggi ci ritroviamo a vivere. Terrorismo, catastrofi ecologiche, genetica, criminalità al passo con la tecnologia. Da subito la serie rivela un lato realistico che piace ma al tempo stesso scombussola le attese del pubblico. Del resto, quello di Patlabor è un comune plotone di polizia, coadiuvato “soltanto” da giganti di metallo in veste di sbirri mossi da un software. Il bello è che, parola di Masami Yuki, il tracciato realistico è venuto fuori del tutto inconsapevolmente.
 
Anime e manga percorrono nel frattempo una strada parallela, e già questa è una novità per l’industria dell’intrattenimento animato. Dopo i primi sette episodi per l’home video, parte la serie televisiva: più vicina alle storie e alla successione cronologica degli eventi del fumetto che Yuki stava disegnando. È il 1989 e Mamoru Oshii decide quindi di affiancare un sontuoso film di 100 minuti che riazzera quasi tutto, portando dentro di sé – e più precisamente nelle sequenze iniziali – qualcosa che era stato già mostrato in Tv: il labor impazzito, senza nessuno ai comandi, che semina panico e distruzione dell’episodio 5, “Labor X-10 fuori controllo!”. Sarà questo lo spunto per la storia del programmatore folle Eiichi Hoba che fa impazzire i labor di tutta l’area metropolitana di Tokyo. Quando l’anime televisivo si conclude, l’azione prosegue e si rituffa nei 16 OAV del 1991 (alcuni dei quali piccoli gioielli narrativi concepiti da Oshii). La singolarità del dna robotico di Patlabor pare risiedere invece nei lungometraggi (il secondo firmato da Oshii nel 1993 sembra una replica dell’episodio “Il giorno più lungo” parte I e 2 della prima serie di OAV, ma invece è una riflessione filosofica che anticipa i temi delle future pellicole del regista), realizzati allo scopo di girare intorno alla mitologia della serie ma con storie più mature e spesso slegate dal clima cameratesco e simpatico della serie.
 
Ne è un esempio WXIII Patlabor the Movie 3 (2001), realizzato da Fumihiko Takayama con pochi superstiti dello staff originale (Yutaka Izubuchi e Shoji Kawamori al mecha). Un film adulto che congeda i personaggi storici immergendosi in un’atmosfera mystery e fantascientifica che non ha mai convinto totalmente il pubblico, nonostante la lavorazione impegnativa iniziata nel 1998 e un battage pubblicitario importante. Alla fine Mobile Police Patlabor è qualcosa di molto più semplice. È la storia di un gruppo di poliziotti ordinari ed eroici comandati dall’irreprensibile Capitano Kiichi Goto, a sua volta sorvegliato amichevolmente dalla collega Shinobu Nagumo. I sottoposti della Seconda Sezione sono: Noa Izumi innamorata del suo labor Alphonse (chiamato come il cane e il gatto); il riflessivo Asuma Shinohara; il gigante buono Hiromi Yamazaki; il docile Shinshi Mikiyasu; l’impulsivo Isao Ota e il supervisore Clancy Kanuka (arrivata direttamente da New York). Tanto svitati e dentro la parte da risultare veri. Fino al parossismo, se ripensiamo all’attrice e doppiatrice Miina Tominaga che vestiva come il suo personaggio Noa in una delle tante guide alla serie. Come a dire che Patlabor forse è più vero di quanto si creda. Tipo: un giorno, a pattugliare le strade l’umanità si ritroverà davvero ad ammirare questi colossi alti dieci metri, con la segreta speranza che niente vada mai storto e che il futuro sia meno complicato di quanto non lo abbiano immaginato Yuki e Izubuchi. Pure con il sorriso sulla bocca.
 
Mario Rumor
 
 
Per le immagini: © HEADGEAR/EMOTION/TFC All Rights Reserved © Yamato srl. per l’edizione in DVD

 
 
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