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Interviste

Intervista a Davide Taṛ

Vade Retro EMINA!
 
Si intitola Emina OrfaniRoboT (pp. 256, 001 Edizioni, euro 16,00) e potrebbe sembrare un gioco di parole. In realtà è qualcosa di più insidioso. Sentite cosa racconta la trama del romanzo d’esordio di Davide Tarò (già autore di molti libri sull’argomento animazione nipponica): “Sei solo. Non hai parenti. Non hai amici. Ti consideri uno sfigato senza futuro. Un call center è la tua unica prospettiva di vita. Ma la EMINA sta cercando proprio te. 1500 euro lordi al mese per sentirti parte di qualcosa. Uno stipendio per coronare il sogno della tua infanzia: trasformarti in un robot d’acciaio. E combattere un nemico arcano”.
Intervista all’autore di questo curioso romanzo che inaugura la collana Ungraphic della 001 Edizioni.
 
Come è nata l’idea di Emina OrfaniRoboT?
L’idea è nata pensando neanche troppo scherzosamente che un’intera generazione, quella che si potrebbe definire “Goldrake Generation” (e non solo), ricorda perfettamente con affetto tutte le sigle dei cartoni animati giapponesi, sia quelle originali sia quelle italiane degli anni ‘80, ma non sa quasi nulla della Costituzione italiana, dei propri diritti lavorativi e civici ma soprattutto, nella stragrande maggioranza dei casi, non sa neppure cosa sia un’assemblea sindacale.
Peccato, perché nemici assai più potenti e subdoli dei Mostri di Vega ci hanno resi prigionieri, rubato il futuro e ci hanno pure battuto insindacabilmente senza neppure sporcarsi le mani.
Da qui, e dalla mia sconfinata passione per la storia degli anime in patria, nel mondo ma soprattutto in Italia, mi è venuto in mente di fare una cronistoria dell’arrivo degli anime in Italia, dalla RAI alle prime nascenti reti private, e ci ho visto delle affinità potenti con la vita politica, sociale e lavorativa del Paese. Tutto sotto la lente d’ingrandimento degli anime.
Non a caso la “EMINA”, la fittizia multinazionale con sede a Torino che fabbrica robot, è il contrario di ANIME, o meglio, il perfetto contrario di tutti quei valori che le serie giapponesi propugnavano ai giovani, con buona pace dei detrattori colti e istituzionalizzati di allora.
Poi, OrfaniRoboT, il sottotitolo, omaggia il pionieristico saggio italiano degli anni ‘80 “IF - Speciale Orfani e Robot” di Gianni Bono e Alfredo Castelli che con grande acume metteva in risalto le due principali categorie degli anime anni ‘70 in Giappone.
Il mio personaggio dell’OrfanoRoboT, è venuto dopo: l’OrfanoRoboT sono io con una maschera che indosso quando presento il libro in giro per manifestazioni, saloni, librerie e biblioteche.
Ma soprattutto, e in realtà, cerco di presentare una categoria invisibile, una generazione perdente sotto molti punti di vista a cui è stato scippato il futuro.
 
Al di là della tua sconfinata passione per gli anime, quanto di Davide Tarò c'è nella storia e nei personaggi del romanzo?
Nataniele Tandro, il protagonista del libro, sono io. Nataniele Tandro nasce nello stesso momento in cui sull’allora Rete 2 (RAI2) trasmettevano per la prima volta in Italia Atlas Ufo RoboT.
Un destino? Un caso? All’età di 31 anni il ragazzo riesce finalmente a trovare lavoro, dopo anni di disoccupazione, presso una multinazionale torinese chiamata EMINA come operaio non specializzato. La EMINA, nel capoluogo piemontese, produce in serie i Simulacra, robot umanoidi multifunzionali alti quattro metri. Per pilotare questi robot inquietanti, che assomigliano tanto ai robot disegnati da Go Nagai negli anni ‘70, la società vuole soltanto orfani di padre e di madre non superiori ai 35 anni da assumere e impiegare come piloti. Regole aziendali, dice.
Nataniele Tandro imparerà a fondersi e manovrare il suo Simulacra, ma per fare cosa?
Come rappresentanza aziendale? Trasporto Merci? O per essere scagliato contro un nemico arcano e oscuro?
In tutto questo c’è la città di Torino, dove vivo. Una città che all’alba del 1864 non fu più capitale d’Italia per ragioni politiche ed economiche. Ma negli anni successivi la cittadinanza riuscì, con leggi mirate, ad accentrare le migliori menti tecniche, politiche e imprenditoriali facendo diventare la città subalpina un punto di riferimento accademico, professionale e militare per l’allora nascente Italia, e soprattutto simbolo dell’Italia nel mondo.
C’è un bellissimo libro che illustra (con bellissime e introvabili foto) e spiega Torino quale capitale del Positivismo europeo ed è intitolato Macchine Invenzioni Scoperte. Scienza e tecnica a Torino e in Piemonte tra '800 e '900  edito da CB Edizioni (www.cbedizioni.com).
Muovendomi anche in questa direzione mi sono divertito a fondere e mischiare le mie conoscenze robotiche degli anime a tale positivismo tutto Torinese e Italiano.
Non temi che qualche lettore si trovi un po’ spaesato con i tanti riferimenti colti tratti dai cartoon giapponesi?
Riferimenti “colti” non direi, oltre al sottotesto sociologico mi sono divertito come un matto a fare scontrare in una delle scene di cui vado più fiero due enormi Simulacra sulla collina torinese, al Pino dove c’è un Osservatorio (veramente!) che mi ha sempre ricordato un pochino nella mia infanzia “La fortezza delle scienze” delle serie Mazinga!
Spero sia venuta fuori questa ludica fantascienza, mio divertimento assoluto, che prende a piene mani dagli scontri dei cartoni animati di Mazinga, Goldrake, Jeeg con i bulloni cigolanti e l’acciaio, ma pure dalla cronaca italiana.
E ancora: la pioggia di Robot che si scaglia su Piazza Statuto di Torino dove vi è il monumento ai caduti sul lavoro del traforo del Frejus...
Poi è pur vero che la “EMINKRUPP” (nome della EMINA noto negli anni ‘70 in quella Italia “ANIMEzzata” di cui scrivo) è diretto riferimento alla purtroppo verissima Tyhssenkrupp dove qualche anno fa morirono bruciati vivi molti operai... ma lì cerco di spiegarlo il più possibile.
Ecco, “colto” non vorrei proprio esserlo stato. E spero di non esserlo.
Magari essere stato un OrfanoRoboT scrittore che usa gli anime, il cuore e l’acciaio... quello lo preferirei!

Questo è anche un romanzo con protagonista che non resta disteso sul divano a vedere la propria vita scorrere via senza senso, ma cerca un senso alla propria vita. Direi che l’immagine dell’Italia che salta fuori è da indignati o molto incazzati...
In realtà in Nataniele Tandro c’è tanto di Shinji Ikari della serie Neon Genesis Evangelion Ho pensato: quanto di Shinji c’è in quei giovani italiani che non hanno un lavoro, non studiano, non si interessano neppure di informazione o intrattenimento (cinema, libri, fumetti)?
Ecco, se esistono dati alla mano su questi giovani sempre più diffusi, c’è da incazzarsi, da voler scagliare tutto il proprio essere e l’acciaio contro le politiche becere del nostro Bel Paese, del taglio di qualsiasi investimento o speranza per il futuro... Come fai a togliere al popolo italiano, che storicamente ha sempre pensato “Domani è un altro giorno...”, il futuro?
Beh, ci stanno riuscendo. Finendo un’opera iniziata anni fa e culminata con le politiche bancarie criminali e assassine che chiamano eufemisticamente “Leggi di stabilità”.
 
Se dovessi associare l'idea del tuo romanzo a una serie anime (o a un film animato), quale sceglieresti?
Evangelion, Patlabor e i robot di Nagai. Aggiungerei, se posso, la bellissima serie Tv italiana Romanzo Criminale.
Ecco, un Romanzo Criminale che si fonde con Goldrake ed Evangelion... questo potrebbe essere il modo per definire EMINA OrfaniRoboT...
 
(a cura di Mario A. Rumor)

 
 
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