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Editoriale

Ricomincio da Ken

L’odissea nel post-apocalittico è appena cominciata. Torna Ken il guerriero, prima al cinema e poi in dvd tutta la saga minuto per minuto
 
Non esiste un unico biglietto da visita da affrancare sulla pelle pompata di muscoli di Kenshiro, il Messia del futuro post-nucleare visto in fumetti, cinema e televisione. Per dirla tutta, fra le tante cartoline recapitate dall’inferno sabbioso che riaffiora negli scenari inventati da Buronson e Tetsuo Hara, ovviamente migliorato nella serie di animazione, quella che ci fa godere di estasi apocalittica proviene dal film cinematografico targato 1986, quello diretto dal simpatico e stralunato Toyoo Ashida, in cui si vede una nave mercantile a cinquanta metri d’altezza piantata nel cuore di un grattacielo. Come diavolo ci è finita lì?
Si fa per chiacchierare, ovvio. Nel foyer delle grandi occasioni infatti si parla d’altro. Vale a dire della distribuzione nelle sale cinematografiche dal 4 luglio del film La leggenda di Hokuto – Director’s Cut (2006) da parte di Mikado, Dolmen e Yamato Video a un anno esatto dalla bellissima esperienza che portò – per la prima volta nella storia degli anime – il film Lupin III – Il castello di Cagliostro nei cinema italiani.
A indicazione che talvolta le cose funzionano meglio che in precedenza, la sua il film l’ha fatta prima ancora di passare sotto le grinfie dei distributori nazionali e il giudizio del pubblico: il trailer della pellicola è passato rapidamente al sesto posto fra i più cliccati su Youtube. Mentre perfino l’attenzione della stampa ha lasciato un generoso segno del proprio passaggio, da “La Repubblica” a “La Stampa”, da “Ciak” (con intuitiva e bella recensione a firma Filippo Mazzarella) all’inavvicinabile “Sorrisi e canzoni TV”.
E come in tutte le belle storie da raccontare, quella del muscoloso Kenshiro è ripartita alla volta della distribuzione di ben tutte le cinque nuove pellicole arrivate dal Giappone, proseguendo la sua corsa con glorioso annuncio da parte di Yamato della futura release in dvd di tutti i titoli legati a questo fortunato nome, dalle due serie televisive degli anni ‘80 allo storico primo film sino alla novità Fist of the blue sky, serie in 26 puntate.
Il tutto per festeggiare un importante compleanno: venticinque anni dalla nascita del personaggio sulle pagine di Shonen Jump, il 26 settembre del 1983.
 
Ken si è fatto il lifting
Dopo venticinque anni di infaticabile esistenza fra le stelle del mito, un minimo di vanagloria gliela si concede senza remore a un personaggio come Kenshiro. Cresciuto in un mondo distopico e selvaggio, senza vincoli familiari solidi (visto che gran parte dei fratelli hanno mire di conquista e sono assetati di sangue), ad eccezione dell’amore che lo lega alla bellissima Julia, Ken ne passa davvero tante nella sua interminabile odissea.
Ogni volta che il suo nome rispunta fuori, necessita o di un restyling forzato per piacere al pubblico di otaku o, come accaduto per i cinque film in distribuzione, di una colossale rivisitazione dell’intera storia. Con bon ton autoriale da parte dei creatori Buronson e Tetsuo Hara e dello staff di animatori a incidere quel nome a loro totale discrezione. Il desiderio del regista Takahiro Imamura (Dragon Ball Z) era ad esempio quello di narrare la storia lasciando il giusto spazio ai personaggi e ai loro conflitti psicologici e caratteriali. Inoltre moriva dalla voglia di presentare al pubblico un Kenshiro in gran forma, soprattutto dal punto di vista degli animatori chiamati a disegnare complicatissime e accurate sequenze d’azione, con una qualità all’altezza dei tempi e delle tecnologie di oggi.
La novità di questa impresa sta proprio nel nome del film: Ken il guerriero – La leggenda di Hokuto – Director’s Cut. Cioè una versione migliorata rispetto al film di 90 minuti uscito nelle sale giapponesi nel 2006 a cui hanno nuovamente partecipato con entusiasmo anche gli autori del fumetto, compreso Nobuhiko Horie che nel 1983 era redattore di Shonen Jump e oggi ha affiancato Buronson e Tetsuo Hara scrivendo la sceneggiatura della pellicola e figurando altresì come produttore esecutivo. Grazie al suo entusiasmo e alla possibilità offerta dallo studio North Star Pictures e Tokyo Movie Shinsha di rimettere mano al film, lo stesso Horie ha chiesto e ottenuto di poter ripristinare due scene tagliate dalla versione del 2006, andando a migliorare la qualità delle animazioni di oltre il 50 per cento di La leggenda di Hokuto. Solo Buronson era più felice e orgoglioso di lui.
 
Una storia dell’altro ieri
Come molti già sapranno, la trama del primo film riprende l’episodio narrato nel manga dal titolo “L’episodio del Mausoleo a Croce del Sacro Imperatore”. Qui Kenshiro affrontava in un duello all’ultimo sangue Sauzer, il Sacro Imperatore del titolo, detto anche Pugno della Fenice di Nanto, partito alla conquista del mondo attraverso violenza ed efferatezze e a tal punto preso da sé da voler farsi costruire un monumento a testimonianza del suo regno del terrore.
Rispetto al fumetto e alla serie animata, il punto di vista del nuovo film inaspettatamente parte con quello di Raoul, fratello maggiore di Ken, di cui scopriremo le ragioni che lo portano a condividere la stessa brama di dominio e potere di Sauzer. Ma per quanto ci si metta, e nonostante a osteggiare Sauzer intervenga anche Shu della Scuola di Nanto, alla fine il combattimento decisivo spetta al protagonista di sempre.
Questa è l’altra grande novità della cinquina di pellicole che saranno presentate al pubblico italiano: cinque storie, cinque punti di vista per altrettanti personaggi della saga chiamati a raccontare la storia con maggiore pathos e partecipazione emotiva rispetto a quanto fatto in precedenza.
Insomma, qui non si finisce più di elogiare l’intraprendenza degli autori giapponesi; eppure è anche vero che gli appassionati di casa, da sempre subissati di stimoli e materiale di prima mano (oltre al normale scatenato merchandising che propina colonne sonore, videogiochi, modellini, action figure, edizioni deluxe dei fumetti) hanno mantenuto un rapporto d’affetto con il personaggio di Buronson e Tetsuo Hara che ha coinvolto gli stessi disegnatori e animatori.
Questo spiega l’attaccamento del regista Takahiro Imamura al progetto e probabilmente spiega il temerario colpo di genio di coinvolgere nella lavorazione nientemeno che il disegnatore di fumetti Tsukasa Hojo, conosciuto per Occhi di gatto e City Hunter, al quale è stata affidata la realizzazione di un personaggio nuovo, assente nel manga e nella serie.
Parliamo di Reina, la guardia personale di Raoul, una donna ma anche una sorprendente spadaccina che assieme al fratello Souga sostiene il suo Re nella conquista di quel mondo allo sbando. Il colpo di genio, perfino audace e birichino, sta nel fatto che Hojo è uno che prima di tutto ama disegnare le donne e, quando ci si mette, solitamente lo fa con una bravura da Premio Nobel. Se Imamura gli ha chiesto di disegnare tutte le espressioni possibili di Reina per spogliarla della pesante corazza che l’avvolge mostrandola più autentica al pubblico, da parte sua Tsukasa Hojo temeva di creare un personaggio che non riuscisse a penetrare nell’universo a “numero chiuso” dei personaggi storici della saga. Alla fine invece sul grande schermo si è presentata una donna guerriera con una inaspettata dolcezza, un personaggio di contrastante bellezza e autorità.
 
Post-apocalittico e miracolato
Diciamo pure che Hokuto no Ken è uno strano oggetto del desiderio. Personaggio da maledire: e qui smacchiamo le solite polemiche sulla violenza dell’anime e ribadiamo che la serie non è destinata ai ragazzini. Personaggio di cui comprendere la statura cult: da venticinque anni a questa parte il personaggio non accenna a raffreddare gli animi degli appassionati.
C’è nell’odissea nel buon Kenshiro, figura messianica tipica per ambientazioni in un mondo reduce da Terza Guerra Mondiale come quello creato da Buronson e Hara, la più ovvia delle risposte. Kenshiro è il salvatore di tutti noi, spesso ombroso e di poche parole: a un certo punto non esiterà a mostrasi sullo schermo con la barba (che non è quella à la Gesù Cristo del fratello Toki). Uno che insegue letteralmente l’amore. Un antieroe che possiede le caratteristiche del borderline: non gli manca l’ironia quando uccide gli avversari (da “sei già morto” a “hai tre secondi di vita” al capolavoro: “tremo tutto!”), non si fa mancare gli schiamazzi che sarebbero piaciuti a Bruce Lee quando affronta i combattimenti, con slanci di gamba da far invidia a Heather Parisi. Insomma, è uno che si porta dietro una colonna sonora rock scorazzando per le vie di un mondo abitato da parassiti, reietti, disperati. E, anche, qualche anima pia o dalle fattezze angeliche: come la sua Julia o la piccola Lynn. Con simili doti, tra il dramma e l’ironia velenosa (o irriducibilmente perfida, come solo un cartoon sa fare), Kenshiro non può non tornare utile alla voglia di beatificazione che lo spettatore in fondo in fondo desidera assaporare. D’altro canto per una frazione di secondo si arriva perfino a concedere il beneficio del dubbio allo stesso Raoul, mentre alla schiappa Shin (colui che porterà via Julia a Ken) dovrebbe andare peggio di come in realtà capita.
Tutte buone parole spese per un cult televisivo che, dietro le quinte, amoreggia con le silhouette di Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger per dare credito estetico e iconografico ai suoi splendidi guerrieri. Ma lo sfondo è quello di Mad Max, la serie di film ideata da George Miller e interpretati da Mel Gibson, molto amata dagli autori del fumetto. Se in apertura scrivevamo quanto indecente fosse il grattacielo trafitto da una nave cargo (forse per effetto di un colossale tsunami), è altresì vero che nel mondo distopico di Ken il guerriero si aggirano sgherri con spalline rinforzate, capelli da punk e tatuaggi invero poco artistici, sempre a cavalcioni di moto, tank, auto selvagge e scoperte. Perfetti per imbastire un confronto con i film della serie Mad Max.
 
Facciamo un giochino: tre, due, uno…
Alle ricercatezze estetiche per accademici malandrini, risponde il sano divertimento del pubblico. Ken il guerriero garantiva d’altronde – e parliamo delle serie animate – una sostanziosa mezz’ora di lotta, estasi zen da intoccabile scuola di arti marziali con retrogusto messianico e sacro. I cattivi da un lato, il buon cavaliere pallido che entra ed esce dalla scena, dall’altro lato del ring. Punto. Il fardello di domande cruciali era un optional offerto al pubblico neofita del piccolo schermo. Non ancora edotto in materia, non ancora introdotto alla sprezzante verità di corpi pronti a esplodere per effetto degli “tsubo” premuti con chirurgica precisione da Kenshiro, o chi per lui. Domande che tiravano in ballo il destino di Julia e terminavano con l’ansia da prestazione per gli attesi duelli finali con Raul e Sauzer.
Naturalmente realizzare Ken il guerriero non è mai stata una passeggiata per lo staff della Toei Animation. L’anime prende vita un anno dopo la pubblicazione del manga. Segno che i segugi della major giapponese avevano intuito le potenzialità del lavoro di Buronson e Tetsuo Hara. Se anche qualche piccolo dubbio circa la violenza del soggetto avesse attraversato la mente dei produttori dell’epoca, a spazzarli via c’erano le vendite record del fumetto.
L’età dell’innocenza televisiva di Ken di solito si riconduce alle tre persone che hanno contribuito al suo successo: Toyoo Ashida, classe 1944, un mattacchione della regia (suo Vampire Hunter “D”, del 1985); l’animatore e character designer Masami Suda (Rokudenashi Blues) e il disegnatore Hiroshi Tanaka. Ciascuno a modo suo, essi saranno testimoni di un momento unico nella storia di Toei, poiché animare una serie realistica come Hokuto no Ken si rivelò fin da subito impegnativa sia nelle posture da rispettare dei personaggi, sia nell’orchestrazione delle scene d’azione che esigevano un controllo severo sul tratteggio dei volti e del corpo in movimento. Un aspetto tecnico che talvolta portava via ore di lavoro per una manciata di secondi da animare. Qualcosa Toei la subappaltava anche a piccole compagni estere, ma spesso il materiale che tornava indietro finiva corretto e rifatto dagli intercalatori della casa.
Ma una volta che l’anime viene trasmesso e ottiene il suo successo, non occorre neanche proferire parola negli uffici dirigenziali di Toei: non appena la prima serie di 108 episodi si conclude nel 1986, un secondo ciclo di 43 puntate è già pronto per la messa in onda. Miracoli che avvengono solo per gli aficionados della scuola di Hokuto. Il resto è leggenda.
 
© Buroson & Tetsuo Hara/NSP 1983
© NSP 2006, Approved No. GGT-001

 
 
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