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Yasuo Otsuka, come me non c’č nessuno

“Night and day, you’re the one”, recitava la canzone cantata sia da Frank Sinatra che da Ella Fitzgerald. La ricordate? Buon per voi. Ora sparatevela negli auricolari e fate con noi un piacevole viaggio indietro nel tempo a caccia di ricordi. Per le nostre orecchie di animefan night and day è musica perfetta appiccicata alla vita artistica di un grande vecchio dell’animazione giapponese, Yasuo Otsuka, che ovviamente in questo numero di MAN·GA! gongola per le imprese trionfanti del Signor Ladro Lupin III.
 
Vale davvero per tutti. Gratta nelle memorie altrui – nella fattispecie: gli artisti del piccolo mondo degli anime – e scoprirai che cominciano già da bambini, con il volto affondato in un foglio bianco e la matita in mano. Inutile fare nomi di abusate celebrità.
Otsuka, che è nato nel 1931, su quel foglio immacolato disegna ciò che gli piace di più: aerei, vetture, locomotive, carri armati. Non è ancora richiesta una perfetta conoscenza del corpo umano – capiterà anche al futuro allievo Hayao Miyazaki che proprio non ne vuole sapere di azzeccare le proporzioni del volto – ma intanto i sogni a occhi aperti proseguono fino al giorno in cui, come molti altri sognatori intrappolati nelle spire di una passione non comune, vede un lungometraggio d’animazione sovietico. È il classico colpo di fulmine. Ce ne saranno molti altri anche a carriera avviata. Per cominciare però, occorre lasciare la provincia e dirigersi a Tokyo, dove i sogni son desideri. Almeno per quanti, infatuati dai lavori di Osamu Tezuka, hanno deciso di intraprendere una carriera nel mondo dei fumetti. A lui piacciono quelli satirici e comici. Però non gli butta bene. A vent’anni si può ancora decidere di opporsi al destino e la tenacia di Otsuka lo premia mettendolo in contatto con un gruppetto di persone che facevano animazione alla Nichido Eigasha (dove un tempo lavorava il maestro Kenzo Masaoka). Cinque anni più tardi il piccolo studio viene assimilato dalla major Toei gettando le basi del futuro dell’animazione giapponese. Difficile dire quanti fra loro, e contiamo personalità come Taiji Yabushita, Akira Daikuhara e il grande Yasuji Mori, fossero coscienti che nei loro cortometraggi in bianco e nero, poetici e impersonali, era racchiusa la chiave di un tesoro inestimabile, giocato in seguito sulle caratteristiche degli animatori e sulle loro personalità. Ovvero, quel genere di tesoro che futuri registi come Miyazaki, Takahata, Rintaro e Gisaburo Sugii faranno proprio.
La storia continua. Otsuka è accolto a braccia aperte, lavora al corto Koneko no Rabugaki (1957) e si ritrova a svolgere subito incarico da animatore chiave nel primo lungometraggio animato a colori della Toei, Hakujaden (1958). Esattamente a partire da questo momento, siete liberi di immaginarlo nei panni del sakkan dal tocco leggero, talvolta ruvido, con il quale si farà strada nel mondo. Un perfezionista che offrirà il meglio di sé in animazioni affollate di disegni dando smalto imperituro ai classici della Toei per tutto il successivo decennio. Perfino quando si tratta di film ingenui e infantili (Miyazaki li detestava quasi tutti), chiaramente succubi di modelli spettacolari non giapponesi e a volte macchinosi nella concezione del “divertimento”. Ma mettersi contro i cliché dell’azienda e le volute spettatoriali del mega presidente dei presidenti, per dirla con gergo fantozziano, Hiroshi Okawa gli costerà molto caro: l’allontanamento dalla compagnia. O forse è sufficiente fare il nome di Taiyo no Oji – Hols no Daiboken (1968), la controriforma del fare animazione in Toei, per capire.
È facile immaginare il contesto: fine anni ’60, studenti in rivolta, clima surriscaldato ovunque e gli animatori dietro a far cagnara (bellissime le foto dell’epoca con i cortei dei dipendenti Toei), raccolti in un sindacato che fa capo a Takahata, Miyazaki segretario e Otsuka con l’inseparabile berretto in testa a pensare al nuovo lungometraggio sovietico di Lev Atamanov appena visto al cineclub. Allora funzionava proprio così: politica e passione artistica diversamente li trovavi slegati da un medesimo contesto. Oggi, chissà.
 
La libertà non ha prezzo
Mettiamola come vogliamo, eppure ovunque Otsuka metta piede nei primi anni ‘70, possiamo star certi che nei paraggi si trovavano i trovatelli Takahata e Miyazaki (l’ordine di ingresso è questo, oggi è il contrario), pure loro stufi di soggiornare nell’azienda Toei. Piacerebbe tanto entrare nelle loro teste e scoprire i pensieri del periodo, anche perché oggi i tre non ne parlano volentieri. Di sicuro, visto dal di fuori, è un periodo di transizione che dalla A-Production li condurrà presto a Nippon Animation. Gli anime sono in procinto di spiccare il volo e fare boom, e il mestiere del disegnatore ha ancora una simil parvenza di attività impiegatizia dove le idee al servizio dell’arte e del pubblico non parlano lo stesso linguaggio. Qualcosa di buono ci scappa fuori comunque. Il Signor Ladro, quello con la giacca verde che tanto impensierirà Monkey Punch, è di questi anni e il tocco anarchico e divertito di Otsuka si vede. Non occorre strafare: siamo pur sempre in ambito televisivo; inoltre Lupin III realizzato in casa Tokyo Movie possedeva quel ghigno ironico che al Nostro piace e ce lo dimostra fin dal pilot film del 1969 per proseguire, sotto la direzione di Masami Osumi prima e Takahata dopo, con la serie diventata ovunque un titolo di culto. Poi, è vero che del personaggio ci faranno bistecche ma Otsuka avrà modo di lavorarci su mettendoci del suo (la passione per la Fiat 500, solo per dire) dedicandogli gran parte della carriera, grosso modo da Il castello di Cagliostro (1979) a Le profezie di Nostradamus (1995), passando per il sottovalutato La cospirazione dei Fuma (1987), che resta uno dei film meglio riusciti della serie.
 
Sicuri di non dimenticare qualcosa?
Beh in effetti ci sarebbero alcuni titoli minori che da queste parti non si sono visti. Alcuni rientrano nella sfera di interesse “miyazakiano” (vedi Panda Kopanda), altri rappresentano un’ulteriore tappa professionale nella carriera di Otsuka (vedi Samurai Giants o Le avventure di Ganba) in cui il discorso scivola nella retorica e nei tecnicismi. Basti sapere che il suo lavoro di sakkan è sempre all’altezza di tutto, ristretti budget televisivi compresi. Semmai va capita e approfondita la presenza dell’animatore in quel di Telecom Animation Studio, filiale di TMS con ambizioni molto elevate, presso cui Otsuka non solo mette mano ai Lupin III grazie a un fidato staff di magnifici disegnatori (Kazuhide Tominaga, Nobuo Tomizawa, Atsuko Tanaka e diversi altri) ma si trova a giocare un ruolo importante quando gli americani decidono di produrre in “allegra” compagnia quel Little Nemo che causerà più di un mal di stomaco alla categoria animatori del Sol Levante. Soprattutto, tornerà a dare una mano agli ex colleghi Takahata e Miyazaki (ormai adulti e non più trovatelli) rispettivamente in Jarinko Chie (1981) e in Conan il ragazzo del futuro (1978). In quest’ultima serie sappiamo che fu Miya-san a volerlo fortissimamente e le acrobazie che il protagonista compie ci dicono che l’intesa deve essere stata perfetta. Compresa l’ideazione del mecha design, tra cielo e mare, che fonde sul piccolo schermo grande voglia di proporre novità secondo lo stile dell’uno e dell’altro. Ma ai francesi che lo hanno ospitato anni fa nell’ambito della manifestazione “Nouvelles Images du Japon”, Yasuo Otsuka ha anche rivelato quanto avvincente fosse stata l’esperienza con la monella Chie, impreparata a sbarcare sul grande schermo per l’indecisione di Yoichi Kotabe nel trattare con diplomazia il chara design dei personaggi (che per il fumetto di Etsumi Haruki andava bene, per l’animazione un po’ meno). E Takahata non è uno che accetta vie di mezzo: al diavolo il film se non avesse avuto accanto a sé l’amico Otsuka. Sembra di rivedere una scena accaduta quindici anni prima, ai tempi di Hols. Il sodalizio artistico da quelle parti deve essere sinonimo di amicizia fraterna.
 
Tutti amano Yasuo Otsuka
La prova arriva da occasionali esibizioni dei suoi lavori. Il colpo grosso invece spetta a un documentario prodotto da Miyazaki dal titolo Otsuka Yasuo no Ugokasu Yorokobi (2004), distribuito in dvd in Giappone da Buena Vista, in cui si ripercorre la carriera dell’animatore. E si tratta ovviamente di qualcosa di più verace dell’allievo che consacra il maestro: è la prova di un amore a prima vista, che risalta in quel titolo: “la gioia di animare di Yasuo Otsuka”. Autentica passione per uno che ha voluto restare al suo posto, senza ambizioni registiche, e che in tempi recenti si è mutata in disciplina scolastica (Anime Juku, la scuola voluta da Telecom Animation) per riuscire a trasmettere ai giovani disegnatori un inestimabile tesoro di cui fare buon uso nel complessato mondo degli anime, così indaffarati a spersonalizzarsi e scendere a compromessi con l’industria da perdere di vista la scintilla artistica che dovrebbe ardere dentro.
Ma l’impressione è ben diversa.
Troppo umile e cortese il vecchio Otsuka per lanciare sentenze, eppure nel profondo sa di essere quella abusata parola, sensei, e che i bei tempi se ne sono volati via assieme agli anni.
Così la canzone arriva alla fine, la voce si spegne ma l’eco resta: “night and day, you’re the one”.
 
© 2004 Nibariki/Studio Ghibli
© Monkey Punch – TMS-K

 
 
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