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Curiosità

Japan Eye: Simboli d’estate nel Sol Levante

La primavera dei ciliegi in fiore.
Le foglie variopinte degli aceri d'autunno.
Immagini, più o meno stereotipate, che ognuno di noi evoca d'istinto, pensando al Giappone.
Ma l'estate?

 

Nel nostro immaginario di cultura mediterranea, è sinonimo di vacanza. Del trittico mare-spiaggia-ombrellone, che abbiamo imparato a disegnare fin da bambini e che spesso troneggiava anche sulla copertina del libro delle vacanze.
Ma non è quello che, molto probabilmente, disegnerebbe il bambino giapponese. Per lui l’estate non sono tre sconfinati mesi di sole e libertà: è un mese o poco più di vacanza, preceduto da un mese di pioggia e afa, in cui fioriscono le ortensie. E sul suo foglio bianco, potremmo trovare pesci rossi, fuochi d’artificio, ventagli colorati.
In un paese estremamente sensibile all’eterno ciclo delle stagioni e alle trasformazioni che esse portano con sé, anche l’estate infatti ha il suo immaginario di simboli e colori. Immaginario che si riflette, ad esempio, nei kigo, i termini che nella composizione di un haiku* indicano la stagione al quale si riferisce.
 
* forma tradizionale di poesia giapponese di diciassette sillabe, in tre versi di 5, 7 e 5 sillabe.
 
Daisuke, fa caldo...
Calore, canicola, sudore: i kigo ci insegnano che l’estate giapponese è un’estate calda e afosa. E inizia verso la metà di giugno con lo tsuyu, la stagione delle piogge che dura circa un mese e mette in difficoltà la casalinga giapponese, che non riesce ad asciugare i panni per la gran umidità. E il riso nell’obento* dei figli rischia di deteriorarsi.
Dai tempi in cui non esistevano i condizionatori, i giapponesi hanno dunque cercato di far fronte alla calura rinfrescandosi non solo nel senso di abbassare la temperatura, ma anche con gli occhi, le orecchie, il gusto.
Semplice ma immediatamente efficace, l’arma per eccellenza contro il caldo è il ventaglio. L’uchiwa, rotondo e rigido, viene spesso distribuito in omaggio per le strade, come veicolo pubblicitario alternativo ai volantini. L’abito tradizionale estivo, invece, sarebbe lo yukata, sorta di kimono leggero in cotone, dalle fantasie variopinte per le donne o più sobrie e geometriche per gli uomini. Non più usato nella vita di tutti i giorni, i giapponesi non perdono però l’occasione di indossarlo ai matsuri (vedi riquadro), dopo un bagno alle terme o negli alberghi come camicia da notte. Tradizionalmente, va abbinato ai geta, i classici infradito in legno “alla Sanpei”, perfetti per mantenere al fresco i piedi. E fare il classico rumore katakata, ciabattando per le vie.
Anche se caduto ormai in disuso dalle nostre parti, le vecchiette giapponesi –ma anche le signorine più raffinate- non disdegnano l’uso dello higasa, l’ombrellino parasole. Perché dovete sapere che –siccome tutto a questo mondo è relativo- mentre noi ci rosoliamo al sole (o male che vada dall’estetista) e ci ingozziamo di carote per ottenere un’abbronzatura invidiabile, in Giappone è la pelle bianca ad essere sinonimo di bellezza. Quindi le donne giapponesi fanno di tutto per ripararsi dagli UVA e non è strano incrociare per strada signore bardate di guanti neri fino al gomito, incuranti dei 30° all’ombra.
 
*termine per indicare il pranzo da portare a scuola o al lavoro, in una tipica scatoletta portavivande.
 
 
Rinfrescarsi con il gusto...
Se per noi l’estate è sinonimo di gelato, per i giapponesi è sinonimo di kakigoori: la coppetta di granatina coperta di sciroppo, gusti a scelta tra fragola, limone, melone, blue Hawaii...A qualunque matsuri che si rispetti, il banchetto dei kakigoori è riconoscibile per la sua insegna con l’ideogramma di ghiaccio scritto in rosso su sfondo blu e bianco.
Altra pietanza estiva per eccellenza sono i soumen, spaghettini sottili di farina bianca, serviti freddi con acqua e ghiaccio e assaporati intingendoli in una salsa a base di soia. Come bevanda, una caraffa gelata di dissetante mugicha, tè d’orzo tostato.
 
Rinfrescarsi con gli occhi...
Anche l’occhio vuole la sua parte di fresco. E per quanto ci possa risultare incomprensibile, per i giapponesi ammirare gli hanabi, i fuochi d’artificio, è un modo per combattere l’afa nelle serate estive. Anche se significa piazzarsi sotto il sole fin dal pomeriggio per accaparrarsi un posto. Ma godersi in yukata la vista dei fuochi a Tokyo, sul fiume Sumida, è un must irrinunciabile. E in mancanza di spettacoli pirotecnici, i negozi in estate sono fornitissimi di fuochi e petardi con cui divertirsi in compagnia, in giardino o nei parchi.
 
Rinfrescarsi con le orecchie...
La colonna sonora dell’afa giapponese sono senz’altro le cicale con il loro inconfondibile miin miin. Per contrastarlo con un suono che evochi il fresco, vengono appesi su verande, terrazze e finestre i fuurin, campanelle di vetro o terracotta, che tintinnano piacevolmente ad ogni alito di brezza. Molto spesso, le campanelle sono a loro volta decorate con motivi tipicamente estivi, come gli asagao (convolvolo) o i pesci rossi.
 
Ecco, di questo vi volevo raccontare.
Dell’immaginario estivo di un paese lontano, per farvi assaporare il gusto di un’estate diversa, per riuscire a capire meglio anche tutti quei riferimenti alla vita quotidiana che troviamo nei fumetti e negli anime, che spesso rischiano di passare inosservati o incompresi ai nostri occhi, semplicemente perché non sappiamo.
Quindi, se vi siete sempre chiesti perché ne “L’estate di Kikujiro” di Kitano il motociclista ciccione si fa prendere a bastonate in testa con un cocomero come casco...be’, il suika wari (“rompere l’anguria”) è uno dei giochi giapponesi dell’estate, che consiste nel rompere un cocomero a terra con un bastone, bendati e guidati dalle grida degli amici.
 
MATSURI
I matsuri sono dei festival popolari tradizionali, legati alla ritualità dei templi, occasioni in cui rivivono tradizioni e costumi antichi. Esistono matsuri durante tutto il corso dell’anno, ma è l’estate la stagione migliore in cui assaporarne l’atmosfera. L’evento principale del festival è solitamente la parata dei mikoshi, altari-reliquiari in cui risiede la divinità, portati a spalla lungo le strada, facendoli sobbalzare al grido di "oisa oisa". Ma più che nella sfilata, il fascino del matsuri risiede nell’inconfondibile aria che si respira in tali occasioni.
Un matsuri significa famigliole a passeggio in yukata, profumo di takoyaki* nell’aria, bancarelle che vendono mascherine colorate e cibarie di ogni tipo –dagli okonomiyaki** alle banane ricoperte di cioccolato- o che organizzano giochi per bambini, come la pesca dei pesciolini rossi.
Il matsuri è un’occasione per vedere i giapponesi fuori dagli schemi costrittivi della vita di tutti i giorni, finalmente spensierati, rilassati e informali. Un momento magico per assaporare un Giappone d'altri tempi, i colori e le grida di un passato vivace e vitale, sempre più offuscato dall'immagine di Giappone tecnologico e in perenne corsa verso un progresso e una ricchezza fini a se stesse.
 
*sorta di polpettine di uova, farina e polipo, cotte alla piastra.
**piatto giapponese simile ad una frittata, basato su un impasto di acqua e farina e uova al quale vengono aggiunti carne e verdure e servito con una salsa particolare.
 
 
Tanabata
Una delle festività nazionali giapponesi dell’estate è Tanabata.
La ricorrenza prende spunto da una leggenda popolare: Orihime, figlia di un Dio, abile e instancabile lavoratrice al telaio. Hikoboshi, giovane che lavora come vaccaro al di là dell'Amanokawa, il Fiume del Cielo. I due si innamorano, si sposano e presi dalla gioia di stare insieme, trascurano il loro lavoro. Presto, gli dei si ritrovano senza abiti e la mucca senza cibo. Benché rimproverati, i due non ubbidiscono e allora il dio li separa ponendoli ognuno su una riva dell'Amanokawa, e rendendolo inattraversabile. Orihime inizia a piangere lacrime inconsolabili e dunque il dio, impietosito, concede loro di incontrarsi una sola volta all'anno, il 7 Luglio. Purché il cielo sia sereno.
Orihime è indicata come la stella Vega della costellazione della Lira, mentre Hikoboshi è Altair dell'Aquila.
In occasione di Tanabata, i Giapponesi scrivono i loro desideri su striscioline di carta dette tanzaku,che poi appendono a rami di bambù...sperando che si realizzino come l'incontro dei due amanti nel cielo...
Non mancano nemmeno, in alcune località, i Tanabata Matsuri, che riempiono di colori le strade della città con le caratteristiche decorazioni.
 
© Stefania Da Pont

 

 

 
 
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