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Editoriale

Dororo

Ospite al “Far East Festival 2007” di Udine, “Dororo” è il film che sta sbancando il botteghino giapponese. Un ulteriore segno di riconoscenza al genio di Osamu Tezuka ma anche qualcosa in più. In pratica, un film ricco di azione ed effetti speciali che ha conquistato il pubblico più giovane. Dal Giappone ce ne parla in anteprima Matteo Boscarol.
 
È un momento d’oro per il cinema nipponico, nel 2006 infatti gli incassi dei film locali hanno superato per la prima volta dopo 21 anni quelli dei film stranieri, dove stranieri significa prevalentemente Hollywood. Il fatto è come sempre dovuto a una serie di concause, ma alcuni degli elementi di questa rinascita sono senz’altro il revival del film storico, in costume e i progetti ispirati da quel calderone di idee che è l’universo manga.
Ebbene, mettiamo insieme tutte queste componenti e shakeriamole un po’ con due attori noti al grande pubblico nipponico ed ecco allora che abbiamo un prodotto di sicuro impatto, tanto più se l’ispirazione della storia ci viene da sua maestà Osamu Tezuka. Stiamo parlando di “Dororo”, film di Akito Shiota, che ha dominato i botteghini nipponici per più di un mese, sorta di fantasy-sci fi – action movie basato come detto sull’omonimo fumetto del Dio dei manga, datato 1967.
Girato quasi interamente in Nuova Zelanda, che dopo “L’Ultimo Samurai” sta diventando la terra del passato giapponese, il film racconta le avventure di Hyakkimaru(Satoshi Tsumabuki) un ronin che se ne va in giro per cacciare i demoni e così riacquistare le 48 parti del proprio corpo mancanti.
Infatti, e proprio così si apre il film, suo padre è un guerriero ambizioso che quando si vede sconfitto e morente durante una battaglia decide di fare un patto coi demoni: lui riavrà la vita e il potere, ma in cambio il suo primo figlio nascerà senza 48 parti del suo corpo. Si scoprirà poi nel film che la madre incapace di uccidere il figlio, lo abbandonerà in una cesta dentro al fiume, pratica tristemente molto popolare ancora fino a una sessantina di anni fa. Ma il neonato viene casualmente trovato da uno sciamano-dottore che decide di provare a salvarlo, gli impianterà infatti le 48 parti mancanti del corpo che sono anche delle protesi artificiali dotate di straordinari poteri. Abbiamo quindi una tipica e bellissima immagine alla Osamu Tezuka: un personaggio, quello di Hyakkimaru, che è a tutti gli effetti un cyborg e porta su di sé tutto il peso della sua condizione ibrida. Per liberarsene il vagabondo caccia i demoni, infatti a ogni demone sconfitto corrisponde una parte del corpo cosiddetto naturale riguadagnata ed è proprio in una di queste battaglie contro un enorme ragno che Hyakkimaru si imbatte in Dororo, una ladruncola. Affascinata dalla trasformazione che subisce dopo aver sconfitto il demone-ragno, quando Hyakkimaru perde la gamba “artificiale” per guadagnare quella “naturale”, Dororo decide di proseguire il cammino insieme al “mostro”. Così infatti viene chiamato più volte il protagonista e il film, che è dedicato principalmente ai giovanissimi, è anche o soprattutto una bella e non banale riflessione su cosa sia il diverso, l’altro ed è proprio Dororo con la sua schiettezza e irriverenza che se lo domanda più volte: “è un uomo o è un mostro?”; da qui il titolo del film, “dororo” infatti in dialetto significa “piccolo mostro”.
Sia detto per inciso che fra i due, la performance migliore la dà proprio Kou Shibasaki, ex idol che qui però interpreta a meraviglia la comica ladruncola un po’ maschiaccio: davvero una rivelazione!
Comincia così il cammino dei due compari che fra gli altri si imbatteranno in bambini-bruco, demoni volanti e tutta una serie di bestiario immaginifico realizzato in CG che deve esser costato un occhio della testa alla produzione e che domina la parte centrale del film. Gli effetti speciali prendono il sopravvento, diventano per alcuni minuti i veri protagonisti della pellicola che diventa quindi un banale action movie. Fastidiosissima la musica da Gypsy King che accompagna questi combattimenti, davvero la parte peggiore del film.
Per fortuna la parte finale con la bella interpretazione di Kou Shibasaki, e con il faccia a faccia fra Hyakkimaru e il padre, che qui non sveleremo, viene reso molto bene e riesce a non scivolare nel banale. Ma soprattutto ciò che colpisce è il tema del corpo, della carne che ritorna al posto delle protesi e fa male proprio perché mortale. Il dolore della carne, e del cuore (che sarà l’ultimo organo a ritornare) è il percorso che il protagonista sceglie, un processo inverso a quello in auge al giorno d’oggi, in cui si cerca di sfuggire dal dolore e dalla transitorietà della carne. Come sempre Osamu Tezuka aveva colto nel segno e il regista Akito Shiota è riuscito a introdurne i temi principali in un film dichiaratamente commerciale, e questo non è poco.
 
In principio era un thriller in bianco e nero
Ma quanto era in gamba Osamu Tezuka. Anche messo alle strette dalla concorrenza spietata del collega Shigeru Mizuki che impazzava inorridendo i lettori con il suo “Kitaro dei cimiteri” nei lontanissimi anni ’60, riuscì a reggere il confronto disegnando uno dei suoi lavori più belli del periodo: “Dororo”, apparso per la prima volta su «Weekly Shonen Sunday» il 27 agosto 1967 ed entrato di prepotenza nell’immaginario horror giapponese popolato di mostri e demoni. Lo fa a modo suo, chiaro: un bimbo non nato castigato da maledizione voluta dal padre Daigo Kagemitsu per troppa brama di potere, che riscatta la sua miserabile vita girovagando per il Paese a caccia dei 48 pezzi mancanti del suo corpo. Il piccolo mostro ceduto dalla madre alle acque di un fiume come Mosè, cresce col nome di Hyakkimaru e una volta diventato adulto conosce il ladruncolo Dororo che lo affiancherà nel suo pellegrinaggio. Il bestiario fantastico secondo Tezuka è un mix di mostruoso folklore locale e personali invenzioni demoniache (alcune davvero inquietanti). E siccome il Dio dei manga era effettivamente uno in gamba, alla versione a fumetti decide di affiancare subito l’immancabile serie televisiva. Nel gennaio del 1968 viene prodotto un pilot film di 13 minuti per convincere gli sponsor a investire sul progetto. La regia è di Gisaburo Sugii e la storia è fedele a quanto mostrato nel manga: lo staff si concede il privilegio di realizzarlo interamente a colori. Neanche un anno più tardi su Fuji TV alle 19 e 30 viene trasmessa la prima delle 26 puntate della serie, che per ragioni di budget galleggia in un conturbante bianco e nero. Per l’occasione, vista la popolarità dei personaggi – con il pubblico a parteggiare ora per il ladruncolo, ora per Hyakkimaru – alcuni episodi si distaccano dall’originale e propongono storie appositamente create per il piccolo schermo. Ancora una volta la direzione generale dell’anime viene affidata a Sugii con Osamu Dezaki alla sua prima vera regia (episodi 1, 6 e 11) e la presenza di un giovane Yoshiyuki Tomino (regia degli episodi 3, 4 e 16). Il fumetto è stato parzialmente pubblicato in Italia da Kabuki Publishing nel 2001. [MaRu]
 
Per le immagini:
© 2007 Dororo
© 1969 Tezuka Productions Co., Ltd./Mushi Production
 
 

 
 
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