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Editoriale

Cinque Anime da guardare

Vultus V – Altro degno rappresentante della categoria “robot buono a difesa del pianeta Terra”, ecco arrivare dalla fucina della fantasia Toei Animation un classico immortale chiamato “Vultus V” (1977), che è anche il secondo tentativo della major giapponese di cimentarsi (all’epoca) con i robottoni. Con Sunrise ai vertici della credibilità e del successo, è difficile immaginare un universo narrativo capace di competere con i tanti capolavori usciti da lì. “Chodenji Machine Voltes V” fa parte di questa ristretta schiera con i suoi 40 episodi e la rigorosa regia di Tadao Nagahama, pronto a spiccare presto il volo alla corte di Versailles di “Lady Oscar” (di cui dirigerà i primi 17 episodi). Il robot gigante torna in Italia in una versione cinematografica di 90 minuti, sorta di rimontaggio creato con gli spezzoni della serie per condensare in un film tutta, o quasi, l’epica cavalleresca dei coraggiosi difensori della Terra. Perché quello è stato, e molto a lungo sarà, il fardello eroico di cui si faranno carico personaggi e giganti di ferro nella tradizione animata del Sol Levante. Una ricetta di grande successo. Il film presenta i personaggi cari a una generazione di appassionati e con essi le caratteristiche voci del “doppiaggio che fu” con quel Sirius, principe di Boazan, dalla voce inconfondibile.
La storia in breve è questa: l’impero dei Boazan, governato dallo spietato imperatore Zambazir, sta lentamente espandendo il proprio dominio stellare in tutto l’universo. La terra è il prossimo pianeta destinato alla sottomissione, ma come ultimo baluardo a difesa della razza umana si ergono cinque giovani in grado di pilotare il potente Vultus V: robot assemblabile nato dall’unione di cinque velivoli, frutto delle ricerche scientifiche effettuate dal professor Kentarus, scomparso in una missione di pace su Boazan, dal dottor Esperus e dal generale Kanin. Michelle, Zaki, Ivan, Carl e Sonia ingaggeranno una dura battaglia a bordo del Vultus V per sbaragliare le orde nemiche inviate da Sirius, principe di Boazan, e salvare il genere umano dall’estinzione. Una lotta fratricida che farà scoprire a Michelle e ai suoi fratelli Ivan e Carl il mistero legato alle loro origini e la verità sull’incomprensibile scomparsa del padre Kentarus. Riusciranno cinque ragazzi a sconfiggere un nemico tanto potente contando unicamente sulle loro forze e sulle straordinarie capacità belliche del Vultus V?
Come sempre in questo genere di avventure televisive, il pathos è strettamente legato alla disamina dei sentimenti umani trascinati all’inverosimile nel melodramma e al progressivo e risolutivo scontro finale che metterà sullo stesso piano buoni e cattivi. In mezzo a tutto questo ci sta il miglior amico degli eroi, il robot, frutto di una combinazione di elementi separati e metafora del vecchio adagio: “L’unione fa la forza”.
Megazone parte 2 e 3 – Eiji Takanaka è famoso per un solo motivo: è il più bravo ai videogames a memoria d’uomo. I suoi amici sono quindi sorpresi quando viene assunto dalla potentissima corporazione E-X. Ma è solo allora che iniziano i veri problemi: ben presto anche Eiji, come Shogo molto tempo prima di lui, si trova a lottare per la propria vita; e di nuovo tutti gli indizi puntano al misterioso programma EVE. Ma è sempre lo stesso programma, o anche qui qualcosa è cambiato? E se il tempo dell’esilio si è concluso, perché l’umanità vive ancora rinchiusa nel ventre dell’immensa Megazone? Questo si racconta nella seconda parte dell’anime cult creato da Noboru Ishiguro, il grande regista che ha partecipato a “Macross”, e uscito in Giappone nel 1987. Sempre più fitte si fanno le ramificazioni con il genere science-fiction che imperversava negli anni ’80 e tanta è la voglia di rinnovare se stessi. Sappiamo che l’operazione “Megazone” non è mai stata davvero fortunata in patria (l’aurea di “cult” gli arriva soprattutto per imposizione occidentale), benché covasse al suo interno uno straordinario lavoro di squadra tutto proteso a rivoluzionare i cliché di un genere (i robot non ci abbandoneranno mai) e cercare un pubblico di otaku che amasse i mix di fantascienza e idol canterine in azione. In questo episodio numero 2 la parte del leone la fa soprattutto il chara design (esattamente come grande parte l’aveva nel primo capitolo grazie a Toshihiro Hirano), realizzato da un giovane Yasuomi Umetsu, che è diventato in seguito popolare per i suoi rimaneggiamenti dei personaggi storici della Tatsunoko (Hurricane Polymar) e per l’audace “Kite”. Nel 1989 esce, tra mille perplessità, il terzo episodio della saga: accusato di un omicidio che non ha commesso, Shogo Yahagi si nasconde con i suoi amici biker nei bassi fondi di Megazone. Non lo cerca solo la polizia, ma anche i militari, perché in suo possesso c’è ancora la misteriosa moto in cui si nasconde l’unico terminale in grado di contattare il programma EVE, celato nelle profondità di Bahamut ma minacciato dagli hacker impiegati dall’esercito. E intanto, nello spazio, si scatena la guerra aperta, con risultati sempre più catastrofici.
Impegnato su altri fronti e forse demotivato dai risultati ottenuti da “Megazone”, Toshihiro Hirano cede il timone della regia a Shinji Aramaki e Ken’ichi Yatagai. Ancora una volta, l’anime si ritaglia uno spazio di notorietà per la sua nuova veste grafica con i personaggi disegnati da Hiroyuki Kitazume.
Lupin III – La Cospirazione dei Fuma – Vent’anni e non sentirseli addosso. Anniversario nell’anniversario (cfr. Cover), il quarto film dedicato a Lupin resta inconfutabilmente uno dei migliori, dopo il capolavoro “Il Castello di Cagliostro” (1979). Nato in principio come OAV, nella testa di Koji Takeuchi, produttore di Telecom Animation Studio, il film prende forma come una sorta di “tema libero” alla mercé della fantasia e delle idee dei singoli animatori, per superare le debolezze artistiche di Masayuki Ozeki che si apprestava a dirigerlo da regista debuttante.
“La Cospirazione dei Fuma” (1987) racconta del matrimonio di Goemon (ebbene, sì) con la giovane Murasaki, appartenente alla famiglia dei Suminawa che da ben 400 anni si tramanda un favoloso tesoro, il cui nascondiglio è celato in un antico vaso che sarà ereditato dalla giovane nel giorno del matrimonio. Ma altri tramano nell’ombra per entrarne in possesso, a partire dai Fuma, una banda senza scrupoli, fino al nostro Lupin evidentemente non soltanto invitato d’eccezione allo sposalizio dell’amico samurai. Aggiungeteci un Ispettore Zenigata con nuova vita da buddista (e crapa rasata) e avrete le coordinate del divertimento che attende per 73 minuti i fan del ladro creato dalla matita di Monkey Punch.
Giusto per non offendere la mitologia del personaggio, o forse soltanto grazie alla presenza di animatori di fiducia di quel personaggio, come il maestro Yasuo Otsuka e Kazuhide Tomonaga, Lupin riappare secoli dopo la prima serie e il film Cagliostro con l’indimenticata giacchetta verde. E si concede il lusso di guidare di nuovo la fedele Fiat 500. Come ci ricorda Francesco Prandoni nel prezioso booklet interno dell’edizione italiana in DVD del film (a proposito, c’è anche una strepitosa intervista allo stesso Otsuka), molte delle sequenze più affascinanti e riuscite appartengono a questi due signori, a cui si aggiunge Atsuko Tanaka (le scene dell’inseguimento fra le montagne e le stazioni termali è opera sua). Lo stesso character design dei personaggi principali rimanda parecchio allo stile della prima stagione televisiva. In termini di spettacolo “La Cospirazione dei Fuma” resta così uno degli appuntamenti di Lupin con il grande schermo più notevoli, nonostante il travagliato parto durato sei mesi appena e le difficoltà produttive interne di Telecom. 
Dumas di un lontano futuro – Ora che i soggetti storici e letterari stanno prendendo piede nella testa di produttori e animatori (dal bellissimo “Le Chevalier D’Eon” al nuovo “Romeo and Juliet” prodotto da Gonzo), si intuiscono sempre più l’ampio respiro estetico e le potenzialità che questi soggetti possono raggiungere tramite l’abilità di giovani disegnatori di talento e grazie all’introduzione di avveniristiche tecnologie digitali. Al momento l’esempio supremo è rappresentato ancora da “Il Conte di Montecristo”, la serie animata di Gonzo Animation che prosegue nelle sue uscite in DVD affascinando sempre più il pubblico e la critica italiana. Nessun pollice verso, anzi gli attestati di stima nei confronti di Mahiro Maeda, il grande regista visionario a cui dobbiamo questa insolita rivisitazione del classico di Alexandre Dumas (è ambientata nel futuro), si accumulano in ogni angolo del pianeta. Complice un’accumulazione figurativa che mette sorprendentemente d’accordo riferimenti espliciti alla pittura di Gustav Klimt con l’orpello futuristico e pop tipico degli anime giapponesi. Ma con qualcosa in più.
Sephiro si avvicina – Altro piccolo grande cult molto chiacchierato in questi mesi è la serie televisiva in due stagioni “Magic Knight Rayearth”, forse il lavoro più ambizioso tratto da un fumetto delle Clamp, che si appresta a uscire in Memorial Box. Da allora, correva l’anno 1994, il piccolo e grande schermo si è riempito dei colori e delle prodezze visionarie ispirate dai loro lavori con un crescente interesse di produttori a stupire l’esigente clientela di otaku, e non soltanto loro. Fate voi il conto: “Card Captor Sakura”, “X – The Movie”, “Angelic Layer”, “XXXHolic”, “Chobits”, “Clamp School” e la serie TV di “X”. Un vero pandemonio colorato con richiami simbolici e una mitologia interna che vale altrettanto bene quanto quella di giochi di ruolo et similia.
Tre ragazze diversissime, l’esuberante Luce, la riservata Anemone e la volitiva Marina, sono unite apparentemente solo dall’essersi ritrovate insieme sulla Torre di Tokyo durante una gita scolastica. Ma è davvero così? Trasportate magicamente nella misteriosa e bellissima terra di Cephiro, le tre si troveranno ad affrontare i pericoli di un luogo che sta precipitando verso l’annullamento e invoca disperatamente la salvezza grazie all’apparizione di tre cavalieri magici destinati a riportarlo nella precendete condizione di serenità. Le tre ragazze sono evidentemente state prescelte per questo destino, ma la missione che incombe su di loro è veramente quella di cui narrano le profezie?
L’imponenza della serie e la sua fortuna si devono a Nanase Okawa, una delle più brillanti autrici delle quattro che compongono il gruppo Clamp, nota per la sua passione per videogame e classici dell’animazione robotica. Non deve quindi sorprendere se a dirigere l’anime la Okawa invita personalmente TMS a ingaggiare uno dei migliori interpreti di quella tradizione, Toshihiro Hirano (Megazone, Iczer 1), occupandosi lei stessa della supervisione. In “Magic Knight Rayearth” a questo punto entra dentro di tutto: omaggi dichiarati alle maghette trasformiste dello Studio Pierrot (quello di “Creamy”) e della Toei, più una costruzione narrativa e visiva quasi epocale per il periodo. Tant’è che lo studio TMS ci si tuffa con grande profusione di mezzi (colori appositamente studiati e creati da dosare sulle tre protagoniste), arrivando ad affidare alla Okawa gli script della seconda stagione dal momento che l’autrice non era totalmente soddisfatta. La personalizzazione della serie non aiuta per un po’ gli indici di ascolto, eppure l’anime è ricordato come il più spiazzante del periodo (Evangelion doveva ancora nascere). In Italia l’annuncio dell’uscita dell’edizione DVD ha scatenato un acceso dibattito sul doppiaggio Mediaset (assente). Ma ha davvero importanza, con questo variopinto capolavoro della fantasia in rapido avvicinamento? 
 
 
Vultus V © Toei Company Ltd.
Megazone 23 © 1987, 1989 Victor/Artmic/AIC
Lupin III – La Cospirazione dei Fuma © 1987 Toho Co., Ltd./TMS
Il Conte di Montecristo © 2004 Mahiro Maeda·GONZO/MEDIA FACTORY·GDH
Magic Knight Rayearth © 1994 CLAMP-Kodansha-Dentsu YTV-TMS-K

 
 
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