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Approfondimenti

Le Chevalier D’eon

C’è qualcosa di molto familiare nella nuova serie televisiva realizzata da I.G Production. Prendete nota: la Francia pre-rivoluzionaria, ambigue identità e un incontro ravvicinato con misteri e segreti come non se ne vedono spesso negli anime. Tutto questo e molto di più è “Le Chevalier D’Eon” (2006) che ha fatto sussultare gli appassionati di “Lady Oscar” giusto qualche istante. In realtà la serie – nuovo titolo Yamato Video presentato in anteprima a Cartoomics 2007 – è uno spettacolare anime gothic mistery con misteriosi decessi, efferatezze e strani rituali domiciliati nella dorata Corte di Versailles e in una Parigi sempre più affamata in cui la parola d’ordine che più circola è In principio erat Verbum
 
Lo splendore di Versailles è una combinazione speciale di effetti creati al computer e immagini minuziosamente realizzate a mano: difficile non notarlo mentre si è introdotti a corte dal giovane Cavaliere Eon de Beaumont. D’ora in poi il fulgore di un’epoca passerà attraverso il suo sguardo e come scivola lui lungo i corridoi di palazzo, non lo fa proprio nessuno. Abituati ai cristalli maestosi e scintillanti appesi agli alti soffitti di Versailles quando vi era ospite fissa madamigella Oscar, è quasi scontato provare a perlustrare l’opulenza del tempo che fu in questa nuova fatica Settecentesca ripensata dall’animazione giapponese. Non fosse per gli spruzzi d’acqua pilotati da altri computer per conto delle sontuose fontane dei giardini reali, verrebbe da dire che tutto sta al proprio posto ed è più o meno identico a quanto lasciatoci in eredità da Riyoko Ikeda e, soprattutto, dal regista Osamu Dezaki, autore dello storico anime. La capricciosa Maria Antonietta non è ancora la padrona di questa Versailles, il suo futuro marito Luigi XVI, quello sì, lo si vede ancora piccino in una comparsata con pettinatura d’epoca, ma la reggenza è tutta del suo augusto nonno Luigi XV, l’amato sovrano di Francia circondato da una corte viziata e altezzosa e scortato dieci passi più indietro dalla cortigiana più celebre della storia, la Marchesa di Pompadour.
Nei suoi primi istanti di vita sul piccolo schermo, “Le Chevalier D’Eon” è una ricognizione blasonata con teste coronate e celebrità che bisticciano con gli anacronismi, ma tant’è: di certo non è questo che salta subito agli occhi, visto che segnali infausti si fanno strada quasi subito con quel feretro trascinato dalla corrente della Senna. E dentro c’è il cadavere di una bellissima donna. Come ne “I segreti di Twin Peaks”, è la prima cosa di cui veniamo messi al corrente. Il corpo è quello di Lia, sorella maggiore del Cavaliere D’Eon e la sua morte è circondata dal mistero e dall’oblio eterno, considerato che la Chiesa rifiuta di darle degna sepoltura. Ciò che prima tratteneva a corte il giovane cavaliere, ora non sembra avere più importanza: l’azione si concentra in città per una validissima ragione. Altre donne sono misteriosamente svanite da Parigi e tutto fa pensare che esista un collegamento diretto con quanto accaduto a Lia, soprattutto a causa di alcune sigle che rimandano a un sottobosco di circoli segreti e prelevamenti dall’Antico Testamento. Lavorando fianco a fianco con alcuni devoti sostenitori del Re, D’Eon non fatica a trovare una pista su cui indagare ma nell’ombra qualcuno trama per fare piazza pulita di quanti invece desiderano far luce sul mistero. Fossero delitti ordinari, uno neanche ci penserebbe. Ma qui sembra esserci posto unicamente per sicari dalla forza sovrumana e mostruose creature marchiate da altre sigle misteriose. E il bello arriva proprio ora: messo con le spalle al muro durante un feroce assalto da parte di una di queste creature, un rivolo di sangue del coraggioso D’Eon scivola lungo la lama della sua spada componendo la scritta “In nome del Signore” e al posto del giovane cavaliere fa la sua comparsa la sorella…
Ma questo è nulla. Quando vedrete ricomparire dalle pagine della Storia nientemeno che i famosi moschettieri del Re, allora la vicenda prenderà ancora tutta un’altra piega.
 
Lo scrittore Tow Ubukata è la mente artefice di tutto questo (e del fumetto omonimo). Premiato con il “Japan Science Fiction Grand Prize” nel 2003 e tra i più notevoli romanzieri di genere, ha subito catturato l’interesse e la curiosità di Production I.G scrivendo per loro la storia originale condensata nei 24 episodi della serie. Nell’attuale panorama delle produzioni animate, “Le Chevalier D’Eon” è senza dubbio uno dei progetti più ambiziosi: ha di che rivaleggiare con la memoria storica (leggi: “Lady Oscar”) e si affianca ad altri anime, di segno diverso, in cui segreti e bugie e misteri assortiti la fanno da padroni (vedi il superlativo “Ergo Proxy”). Di sicuro sarà una delle serie più gettonate in DVD, così come sta accadendo con “Il Conte di Montecristo”.
Smarrirsi nei meandri della Storia ha evidentemente il suo tornaconto, così come rinverdire classici letterari e farne nuovi culti visionari. Un equilibrio artistico pagato a peso d’oro con la sempre più decisiva centralità attribuita alla scrittura negli anime e nei film in Giappone. Un privilegio di cui si avvale la nuova serie di Production I.G (e meglio di quanto fanno altri studio nipponici del settore) e che molto guarda alla struttura dei telefilm americani. Prova ne è la presenza di una squadra di sceneggiatori coordinata da Yasuyuki Muto (Basilisk) e dallo stesso Ubukata, capace di passare intere giornate a discutere di “archi narrativi” e “psicologie dei personaggi” prima di intraprendere quello che lo sceneggiatore Shotaro Suga ha chiamato “un viaggio” in una dimensione narrativa impegnativa e ricca di suggestioni esterne, dove la singola idea può fare la differenza. Anche a costo di sfiorare le cento pagine di script nell’episodio più lungo dell’anime. Come per il telefilm cult di David Lynch, “Le Chevalier D’Eon” è nella posizione di regalare interrogativi (“Chi ha ucciso Lia?”, “Perché è stata assassinata?” e “Cosa scoprirà D’Eon alla fine?”) e offrire risposte agli spettatori in un contesto spettacolare che, agli occhi di Yasuyuki Muto, è un “grande affresco storico in cui verità e finzione si combinano fra loro”. Sullo sfondo, ma neanche poi tanto, emerge l’atmosfera di un passato lontano in cui vengono messe a nudo le personalità di tutti i personaggi e il loro legame con la Francia e il Re: qualcuno più leale, qualche altro meno, e a pochi passi dalla tragedia della Rivoluzione.
La grandezza dell’anime concorrono a farla anche altri. Chi, ad esempio, è stato in grado di tradurre in splendide immagini e animazioni le parole degli sceneggiatori (il chara design è firmato da Tomomi Ozaki) oppure godendo del privilegio di essere diretti da Kazuhiro Furuhashi (Rurouni Kenshin). Una chance che ha messo di buon umore alcuni degli sceneggiatori della serie, come lo stesso Muto, autentico fan del regista. 
 
 
Con il nome Charles-Genevieve-Louis-Auguste-Andrè-Timothèe Eon de Beaumont, l’uomo vissuto dal 1728 al 1810 e meglio conosciuto come Chevalier D’Eon è stato un diplomatico di professione e spia per conto di re Luigi XV in Russia e Gran Bretagna. Il padre era avvocato, la madre un’appartenente alla nobiltà francese. Della sua vita alquanto movimentata ha lui stesso accresciuto la leggenda asserendo in più occasioni di essere una donna. Atteggiamento che continuò a ripetere anche durante il suo rientro in Francia, poco prima dello scoppio della Rivoluzione. Il nome con il quale alimentava la sua natura femminile era ovviamente… Lia de Beaumont.
 
© Tow Ubukata·Production I.G/Project Chevalier 2006
Sito ufficiale (in giapponese): http://chevalier.tv
Sito Production I.G (in inglese): http://www.productionig.com/contents/works_sp/44_/

 
 
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