Yamato video

 
 

Press - 1990

Occhio agli eroi del Sol Levante

Vivimilano 
Valerio M. Visintin

La moda “Manga” giudicata dal filosofo Giorello e dallo psichiatra Andreoli

Capitale di tutte le mode, Milano è anche la capitale italiana del manga, letteralmente “immagini in movimento” e nome ufficiale di tutti i fumetti giapponesi.
Ma forse non basta definire moda la passione che questi giornalini scatenano: si tratta in realtà di un rito speciale, quasi uno stile di vita, rigorosamente osservati da una larga schiera di milanesi giovani e giovanissimi.
Basta affacciarsi in via Lecco, nei giorni in cui esce il nuovo numero di Dragonball o di Ranma ½: per ore affluiscono nugoli di ragazzini chiassosi, in un clima sospeso fra euforia e impazienza. Fanno ressa davanti agli ingressi di Yamato e della Borsa del fumetto — al di qua e al di là di viale Tunisia — in attesa di uscirne trionfanti con la preda: l'ultimo manga.
Centinaia di copie volatilizzate in poche decine di minuti. E quando è tutto esaurito, si spostano in massa in viale Regina Giovanna o in via Baldissera, dove si affacciano le vetrine di altrettanti negozi specializzati. Tutto questo accade due o tré volte al mese, ma è soltanto l'aspetto più evidente di un “credo” che ha un suo rituale quotidiano.
Visto nel suo complesso, il fenomeno assume un peso specifico supplementare, anche perché coinvolge una larga fascia sociale e anagrafica. Il “manghista” medio? L'identikit non è netto: l'età oscilla fra i 14 e i 30 anni, può essere uno scolaro, uno studente, un impiegato o un professionista. A distinguerlo dai comuni lettori di fumetti, semmai, è la assoluta identificazione con il proprio ruolo. “Il vero ‘manghista’”, spiega Luca, 22 anni, che si occupa del settore manga, all'interno della libreria Millepagine, “praticamente non coltiva altri interessi. Non va al cinema, non legge libri. Concentra su questi giornali e sul mercato che ruota attorno il proprio tempo e i propri risparmi. Qualcuno si procura addirittura il costume del suo idolo e lo indossa nelle occasioni speciali”.
Curiosamente, la religione manga, ha eretto tutti i suoi templi nei dintorni di corso Buenos Aires, in una zona, tra l'altro, già ampiamente frequentata dai giapponesi in carne ed ossa. I “manghisti” si radunano quasi ogni giorno: “Sì perchè i nostri negozi”, racconta Alessandro Marcomini, 30 anni, titolare di Dynamics che si autodefinisce "cultore di manga", “sono anche e soprattutto un punto di ritrovo”.
Lo conferma con entusiasmo Lorenzo, 16 anni, suo cliente fisso: “Si può dire che vengo qui tutti i giorni”, ammette, e aggiunge con un filo di immodestia: “Si può dire che sono un esperto di "manga"...”. Quanto tempo ci vuole per diventare un esperto? “Praticamente leggo manga da quando avevo quattro anni. Cioè ancora prima di saper leggere”.
Il segreto di un simile trascinante successo? Il filosofo Giulio Giorello ne trova più di uno: “Credo che una ragione sia il taglio narrativo estremamente rapido, che ricorda il montaggio secco e immediato di un certo tipo di cinema. Attenti, però, è un procedimento di ipersemplificazione, che nasconde una complessità di fondo. Lo definirei "effetto sushi": il pesce crudo dei ristoranti giapponesi al primo assaggio sembra una cosa banale, non dice gran che, poi però scopriamo che con quella salsina, piuttosto che con un'altra, assume un preciso gusto che ci cattura”.
Alle preoccupazioni dei molti genitori messi in allarme dai contenuti violenti e dalle allusioni erotiche più o meno esplicite delle avventure degli eroi nipponici, risponde invece la psicoioga Gianna Schelotto: “Penso che demonizzare queste cose non serva a niente. Certo, è ovvio che ci vorrebbero modelli più tranquilli e più sicuri per i nostri ragazzi: sarebbero preferibili. Ma non continuiamo a cercare un capro espiatorio se i nostri figli ci sfuggono di mano”.
Un punto di vista condiviso in gran parte dallo psichiatra Vittorino Andreoli, attento conoscitore dell'universo giovanile: “Nei manga non sono presenti valori assoluti, prevale piuttosto "l'etica della circostanza": si può fare di tutto e il contrario di tutto, dipende soltanto dalla situazione in cui ci si trova. In questo senso sono condannabili, perché manca un vero progetto educativo. Ma, in fondo, rappresentano una cronaca particolarmente colorata della realtà, di cui mettono in evidenza gli estremi. E' un po' come se si raccontasse ciò che avviene nella periferia di Milano”.
E l'erotismo un po' morboso dei manga? Risponde ancora Andreoli: “Dobbiamo rifarci sempre alla realtà: la sessualità tradizionale non c'è più. L'erotismo oggi va letto come attività sessuale al di fuori della norma. La sessualità, insomma, si riattiva soltanto nella rappresentazione, in circostanze forti e non più nell'ordinario”.
A proposito di erotismo, ecco che cosa pensa Giulio Giorello: “Analizziamo attentamente. Noi leggiamo con il nome di una patologia quello che può essere una componente rituale, perché la interpretiamo secondo canoni occidentali. Non fosse così, potremmo liquidare i manga dicendo che sono semplici, rozzi, un po' sadomaso, ma cadremmo in errore. Proviamo piuttosto a rovesciare il guanto. Questi ingredienti messi insieme non basterebbero a determinare un successo”.
Chi sono, cosa fanno, i beniamini di tanto pubblico? In Italia è stata la Tv con Goldrake ad aprire la strada agli eroi del Sol Levante, ma oggi la fortuna dei manga non dipende dalla televisione. Cifra comune a tutti è lo stile: volti simili, enormi occhi spalancati, identiche espressioni. Le storie seguono invece diversi filoni tematici: l'avventura (quasi sempre collocata nel futuro); l'ambiente sportivo (dalla pallavolo al calcio); drammatici (una via di mezzo fra la telenovela e il romanzo d'appendice); erotici (in chiave più o meno comica o brutale). La testata di maggior successo è Dragon Ball (eroe mezzo uomo e mezzo scimmiotto) che vende all'incirca 40 mila copie, segue Ranma 1/2 (un ragazzino che si trasforma in donna a contatto con l'acqua). Indipendentemente dal loro successo, tutte le serie manga hanno una conclusione definitiva, che a volte si risolve con i funerali del protagonista: difficilmente i personaggi vivono più'di due o tre anni.
Oltre ai fumetti, i “manghisti” non si lasciano scappare i pupazzetti da montare e colorare, magliette, poster, portachiavi e sontuose edizioni monografiche sugli autori più noti e le tecniche di disegno. Ci sono poi le card: figurine che i ragazzi si scambiano di fronte agli stessi negozi. Un fan assiduo, con possibilità economiche superiori a quelle degli adolescenti, versa alla causa dei manga un minimo di 300 mila lire al mese, dice Alessandro Marcomini. E i più spendaccioni superano il milione.

Vittoriosi anche contro la censuraStrana la censura in Giappone. I manga erotici giungono in Italia già mondati dal setaccio della morale nipponica. Ma per sfuggire alle maglie della legge mantenendo un'alta gradazione erotica, i disegnatori del sol levante escogitano soluzioni che lasciano perplesso il pubblico occidentale.
Diverse e fantasiose (questo sì) le trovate per sviare la censura. La prima è più soft, ma anche la meno frequente: si cerca semplicemente di inquadrare gli approcci in modo che i dettagli anatomici restino occultati. In altri casi, si ricorre alla drastica cancellazione degli attributi sessuali. Più spesso si procede alla loro sostituzione con altre figure esplicitamente evocative o al camuffamento dell'attributo maschile con orpelli ridicoli che nelle intenzioni degli autori dovrebbe esorcizzare i guai legali con l'ironia. Siccome, poi, il divieto è limitato agli attributi sessuali umani, nulla impedisce al disegnatore di mostrare furibondi amplessi tra ragazzine e aimali o mostri venuti dallo spazio.

 
 
 
 
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